
La crisi idrica in Iran diventa a tutti gli effetti una protesta sociale che va ad aggiungersi all'emergenza pandemica.
La protesta cominciata dagli inizi dell'estate del 2021 nella provincia del Khuzestan.
Le famiglie compresi i bambini nelle piazze centrali "gridano di avere sete".

La polizia pilotata dal regime risponde alle proteste con una forte violenza inaudita.
Stando alle fonti dell'Organizzazione Umanitaria Amnesty International si contano almeno 8 vittime con un numero destinato ad aumentare.
A catena nelle principali città da Mashhad a Tabriz scoppiano le violente manifestazioni incontrollate con grida da parte della folla: "Morte alla Repubblica Islamica!" con le proteste concentrate soprattutto nella metro della Capitale Tehran.
Stazioni e treni occupati dalle proteste subiscono ritardi ingestibili e molti degli iraniani sono particolarmente irritati.

L'assenza di acqua significa mancanza di vita.
Ricorrenti blackout con elettrica latitante, in un paese dove le condizioni meteo portano le temperature oltre i 50°C senza aria condizionata, ventilatori e docce inutilizzabili.

La governance ovviamente reagisce bloccando i social network e Internet.
La contestazione politica resta un tabù per gli iraniani, ma stanno emergendo tutte quelle falle di un sistema corrotto e clientelare incontrollato.
Come le proteste emerse nell'autunno del 2019 per i rincari del carburante. Quest'anno si protesta per l'acqua, fonte però di vita e morte in assenza nel deserto.
A causa dei balckout i pazienti malati ricoverati negli ospedali muoiono per i ventilatori che smettono di funzionare.
Situazione completamente fuori controllo in un mondo sempre più estremo.